bambini – Società cooperativa sociale Lascaux ONLUS https://www.lascauxonlus.it Centro psicologico e spazio psico-educativo Fri, 19 Mar 2021 14:31:22 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.8 https://www.lascauxonlus.it/wp-content/uploads/2019/06/A1F0EE82-3762-4A3C-AE13-A5FDCD497F6A-100x100.png bambini – Società cooperativa sociale Lascaux ONLUS https://www.lascauxonlus.it 32 32 COME SCEGLIERE UN BUON LIBRO PER BAMBINI 0-3 anni https://www.lascauxonlus.it/come-scegliere-un-buon-libro-per-bambini-0-3-anni/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=come-scegliere-un-buon-libro-per-bambini-0-3-anni https://www.lascauxonlus.it/come-scegliere-un-buon-libro-per-bambini-0-3-anni/#respond Fri, 19 Mar 2021 14:31:22 +0000 https://www.lascauxonlus.it/?p=6923 La letteratura di infanzia è ricchissima di spunti e ottime edizioni per avvicinare i bambini...

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La letteratura di infanzia è ricchissima di spunti e ottime edizioni per avvicinare i bambini alla lettura. C’è così tanta scelta che diventa
importante come scegliere.

Ecco qualche consiglio per la scelta di acquisto di un nuovo libro.

  • Poche pagine: l’attenzione di un bambino sotto i 3 anni è molto ridotta, se proponiamo troppe pagine
  • rischiamo di perdere tutta l’attenzione che hanno
  • Poche parole: a quest’età non è importante che la storia sia ricca, bastano poche parole, meglio se co
    n tanti suoni onomatopeici e con le stesse parole che si ripetono, come un ritornello, per favorire la memorizzazione
  • Immagini semplici: colori ricchi, forme semplici, riconoscibili sono un sicuro successo
  • Interazione: sono molto interessanti i libri che permettono un minimo di interazione, per esempio co
  • n delle domande a cui bisogna rispondere
  • Ispirazione: lasciatevi ammaliare dai libri, scegliete quello che piace in primo luogo a voi, così da trasmettere il vostro piacere anche ai bimbi.
  • Senza limiti: qualsiasi cosa va bene per leggere, nella libreria del nido abbiamo anche un catalogo ikea!

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LINGUAGGIO: CRESCERE E PARLARE https://www.lascauxonlus.it/linguaggio-crescere-e-parlare/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=linguaggio-crescere-e-parlare https://www.lascauxonlus.it/linguaggio-crescere-e-parlare/#respond Wed, 14 Oct 2020 16:16:46 +0000 https://www.lascauxonlus.it/?p=6893 Il bambino, già da feto, vive in un “bagno di  linguaggio” direbbe J. Lacan, psicoanalista...

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Il bambino, già da feto, vive in un “bagno di  linguaggio” direbbe J. Lacan, psicoanalista francese che proprio dello studio del linguaggio ne fa una strada maestra per lo studio dell’essere umano. Se ci pensiamo, in effetti, il linguaggio distingue la nostra specie in modo specifico. Il feto vive in un ambiente che è già permeato dalle voci, dal linguaggio e costituisce un ambiente sonoro che riconosce. Una volta nato, pur non  comprendendo subito la correlazione fra parola e significato, è attratto dalla voce umana, soprattutto da quelle che già in feto lo accompagnavano: mamma, papà, parenti. È importante per i genitori, quindi, tenere vivo l’interesse del bambino per la voce umana e per il linguaggio, affinchè esso possa svilupparsi ed essere sostenuto. Non si tratta di fare esercizi o altro, semplicemente di porre attenzione al
proprio linguaggio, ancora una volta porre attenzione a noi come adulti.

Una cosa molto semplice che possiamo fare, fin da subito, è descrivere le nostre azioni quotidiane, mentre il bambino ci osserva. Per esempio, cosa facciamo al cambio del pannolino, mentre cuciniamo o puliamo, come una telecronaca. È fondamentale, inoltre, interagire con il bambino attraverso la parola, interpretare i suoi bisogni, per esempio i suoi mugugni, i suoi pianti. Non importa se l’interpretazione sia corretta oppure no, l’importante è restituire in parola ciò che il bambino vive e non può ancora esprimere, ad es. “hai fame / sete / sonno / sei arrabbiato”. Lacan direbbe: restituire un senso al bambino per introdurlo nella catena dei significanti, delle parole; Bion, altro sicoanalista, direbbe: fornire al bambino un pensiero a ciò che ancora non lo è, per aiutarlo a sua volta a pensare. In ogni caso, come la si voglia dire, è importante fornire al bambino, che ancora non conosce tutte le sfaccettature di quello che prova, delle coordinate.

Facciamo uno sforzo di immaginazione: pensate di essere in un villaggio  straniero di cui non conoscete la lingua. Improvvisamente avvertite in lontananza un pericolo, un rumore, non sapete bene di che cosa si tratti, ma sentite l’esigenza di comunicarlo a qualcuno del posto per farvi aiutare. Cominciate così, con i segni e con dei mugugni, a cercare di spiegare quello che avete intravisto.
Con molta calma e pazienza, alla fine, riuscite a intendervi e quello che avete visto non è nient’altro che il cane del villaggio, che non avevate visto precedentemente, ma è innocuo. Vi viene mostrato, lo conoscete e la paura svanisce. Avete compreso, conosciuto, associato il nome straniero all’animale, un suono qualsiasi che per voi non ha alcun significato a prescindere ma che ora acquista senso e ciò che vi faceva paura ora è un simpatico cagnolino, potete camminare tranquillamente sapendo che il cane è in giro, senza averne timore.
Ecco cosa può provare, forse, un bambino alle prese con un mondo tutto nuovo.
Se gli viene mostrato di cosa avere paura e di cosa non averne, se gli vengono dati dei suoni per nominare le cose del mondo, egli inizia ad avere delle coordinate in cui potersi muovere. Nominare il mondo ci permette di maneggiarlo, di comprenderlo. Ci sono altre accortezze da tenere a mente.
È stato dimostrato da diversi studi che il “motherese”, il linguaggio che spesso i genitori utilizzano in modo inconsapevole quando parlano con i bambini, ossia un linguaggio semplificato con un tono della voce più alto del normale, con diversi vezzeggiativi, può portare dei vantaggi nei primi mesi di vita, purchè non si protragga troppo. È importante, infatti, che al bambino si parli in modo spontaneo, cercando di utilizzare un linguaggio semplice, scandito, con pause, enfatizzato magari dai gesti, tuttavia naturale. È importante non avere un sottofondo di musica o tv accesa, per non distrarre il bambino e dargli troppi stimoli. Piuttosto dedicate un tempo e uno spazio all’ascolto attivo della musica e della televisione, senza eccedere in quest’ultima.
Diversi studi hanno dimostrato che il precoce accesso a tv, smartphone e tablet inibisce lo sviluppo del bambino, anche del linguaggio, invece che aumentarlo. Perché? Con la tv ascolta moltissime parole…. In quelle parole, però, non c’è nessuna relazione, nessuno che le rivolga proprio a quel bambino in modo particolare. L’essere umano è sì fatto di parole, ma di parole vive, che vengono da un altro essere umano in relazione con il bambino in carne ed ossa.
Ultimo consiglio: leggere! Scegliete libri adatti all’età del vostro bambino, ma soprattutto che vi piacciano!
È importante leggere almeno 10/15 minuti al giorno, in un tempo dedicato e con piacere di entrambi.

“Il linguaggio, prima di significare qualcosa, significa per qualcuno.”
JACQUES LACAN

 

di Valentina Lozza, psicologa, educatrice, coordinatrice

C R E S C E R E I N S I E M E

NIDO BLU DI SCS LASCAUX ONLUS – via per Bresso 236, Cinisello B.mo – 3925545617 – nidoblu@lascauxonlus.it

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Perché portare oggi un bambino all’asilo nido? https://www.lascauxonlus.it/perche-portare-oggi-un-bambino-allasilo-nido/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=perche-portare-oggi-un-bambino-allasilo-nido https://www.lascauxonlus.it/perche-portare-oggi-un-bambino-allasilo-nido/#respond Sat, 03 Oct 2020 08:13:09 +0000 https://www.lascauxonlus.it/?p=6886 Di solito due sono le risposte più frequenti: il rientro al lavoro dei genitori e...

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Di solito due sono le risposte più frequenti: il rientro al lavoro dei genitori e l’esigenza dei bambini di poter condividere un tempo e uno spazio con altri bambini. Due motivazioni molto diverse tra loro, a volte si integrano.

Oltre alla spiegazione razionale della scelta del nido, qualunque essa sia, dobbiamo sempre tenere conto del vissuto emotivo che questa scelta comporta. Non dobbiamo sottovalutare che portare il bimbo al nido equivale spesso alla prima separazione e il primo ingresso del piccolo in un ambiente diverso da quello della famiglia, che ha regole e tempi diversi e che necessita di un certo grado di adattamento. Incontrare le educatrici e gli altri compagni non è mai semplice; anche quando nel bimbo si vede l’esigenza di incontrare nuovi amici, è sempre una bella sfida educativa. Allo stesso modo è una sfida per i genitori. Se il bambino impara giorno per giorno ad essere tale, lo fanno anche i genitori.

Tornare al lavoro dopo la maternità è sempre difficile, i colleghi a volte sono cambiati, il lavoro si è modificato, bisogna “riprendere il ritmo” e adattarsi a nuovi scenari. Da parte sua il bambino si domanda, a qualsiasi età, dove sia finita la mamma e che cosa abbia da fare di così importante da lasciarlo al nido. Mamma e bambino si trovano così insieme in uno sforzo di adattamento, cercando nuovi equilibri. I papà non sono esclusi da questo nuovo riassetto familiare, spesso non hanno smesso di lavorare, purtroppo il congedo parentale nel nostro paese è ancora troppo limitato, ma non è sempre facile destreggiarsi fra bambino e compagna di vita in un momento di crisi.

Allo stesso tempo, se si sceglie il nido consapevoli che il proprio figlio ha bisogno di un tempo con altri bambini, se si è notato che cerca favorevolmente la compagnia di amici della stessa età o se risulta insofferente a casa, per quanto la buona volontà sia presente in tutta la famiglia, anche questo scenario non è scevro da emozioni contrastanti.

Nonni e genitori possono sentirsi minacciati nel proprio ruolo, balzando in mente domande come: ”adesso che va al nido io cosa farò?” oppure ci si vede ingarbugliati in mille progetti, per occupare nel miglior modo il tempo in cui il bimbo è al nido tra spesa, commissioni, tempo per sé, sport e quant’altro, per poi, nella realtà, non riuscire a portare a compimento un obiettivo.

Fondamentale, quando si sceglie un nido e si accompagna il bambino nell’inserimento, è cercare di non sopprimere i propri sentimenti contrastanti. Nell’ingresso al nido vale qualsiasi pensiero, qualsiasi sentimento, colpa, frustrazione, perdita, abbandono, sollievo, preoccupazione, gioia e tutto quello che ad una persona possa venire in mente.

Solo se l’adulto si permette di provare un’ampia gamma di sentimenti, anche il bambino potrà accedervi.

Se non sopprimiamo dietro una finta maschera le nostre emozioni, se permettiamo loro di venire a galla, di espandersi, di prendersi il loro tempo e il loro spazio, solo in questo modo potremo viverle, permetterci di viverle e, allora, superarle. Più le opprimiamo, infatti, più ci faranno visita poiché è nella loro natura l’uscire a galla, mostrarsi affinché possiamo occuparci di loro, farle nostre, dare loro un nome.

È importante parlare di quello che sta avvedendo, con il bambino, con l’educatrice, con il proprio compagno, con i propri genitori, amici, con il vicino di casa, con chiunque ci sentiamo a nostro agio, affinché nelle pieghe delle parole possano prendere forma tutti i nostri sentimenti e vissuti, potendoli maneggiare.

Questo è l’aiuto più prezioso che possiamo donare ai nostri figli quando li accompagniamo al nido, senza far finta che vada tutto bene.

Solo se viviamo, se permettiamo a ciò che sentiamo di poter avere un proprio canale di uscita, allora possiamo accogliere meglio il pianto del bambino e ancora meglio i vissuti del bambino stesso, senza mischiarli troppo con i nostri.

Lasciarci uno spazio, da adulti, per vivere i propri sentimenti permette di liberare un ulteriore spazio perché il bambino possa metterci i propri e possa viverli nel proprio modo così, nella relazione, crescere entrambi, come bambini e come genitori, in fin dei conti come esseri umani.

di Valentina Lozza

psicologa, coordinatrice Nido blu – via per Bresso 236, Cinisello Balsamo

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